martedì 25 agosto 2015

Perché crediamo nelle pseudoscienze, ce lo spiega una protoscienza.

Su Internet si trova proprio di tutto.
Anche un numero incalcolabile di siti, blog e articoli che trattano di pseudoscienze.
Ci sono (anche se in numero decisamente più esiguo) siti, blog e articoli che ci spiegano perché crediamo nelle pseudoscienze.
Mi perdonerete, quindi, se inizierò questo post con una selezione delle risposte che non mi hanno convinto.
C’è chi la butta tutta sulla comunicazione: le pseudoscienze hanno tanto seguito perché divulgate da ottimi comunicatori.
Io non ci credo.
Dopotutto, questo penso sia solo un errore causato da un’idea, presente nella nostra cultura, che oppone “sostanza” a “comunicazione”. Da una parte ci sono gli scienziati, intelligentissimi e con cose buone da dire, dall’altra un esercito di laureati in Scienze della Comunicazione: beceri mercenari pronti a vendersi alle forze del male e votati alla distruzione del genere umano.
Ovviamente chi dice queste cose non si rende conto che un altro modo di vedere la stessa faccenda sarebbe, invece, che sono gli scienziati ad avere carenze comunicative.
Ci sono, però, ottimi comunicatori impegnati nella divulgazione della scienza e sicuramente, e qui nessuno mi darà torto, è più piacevole leggere un libro di Hawking che un compendio di farneticazioni alla von Däniken.
Altra idea è che alcune delle pseudoscienze che hanno successo sono state confezionate ad arte da qualcuno che ne trarrebbe, in qualche modo, beneficio.
Certo, le compagnie petrolifere sono contente che una mandria di cretini si metta a guardare delle fantomatiche scie chimiche in cielo piuttosto che dei concretissimi liquami in mare, ma non vorremo noi stessi, proprio in questo luogo, diventare dei complottari?
Ne traggono vantaggio va bene, ma armiamoci di buon senso e ammettiamo che questa è, dopotutto, una coincidenza.
Un'altra osservazione che è stata fatta è che le pseudoscienze siano prive di matematica.
Che i matematici in lettura non se la prendano, ma credo che questo non sia il succo della questione. La stragrande maggioranza delle opere di divulgazione scientifica sono private, dai loro autori, di riferimenti matematici: potete leggere di fisica in “Sei pezzi facili” di Feynman senza sapere una ceppa di matematica.
A questo punto una critica sorge quasi spontanea.
Qualcuno potrebbe dire “Ma non capisci? Questa è proprio la dimostrazione della tesi che cercavi di negare! I libri di divulgazione sono senza matematica proprio perché devono essere diretti al grande pubblico. L’assenza di matematica è una caratteristica comune delle opere di divulgazione scientifica e delle pseudoscienze (ho volutamente evitato l’espressione “opere di pseudoscienza” perché l’accostamento mi procurava nausea e spasmi muscolari) proprio perché dirette allo stesso pubblico”.
Ed è proprio a questo punto che volevo arrivare per introdurre la nostra protoscienza che ci aiuterà a risolvere il mistero: la memetica.
Quel gran figo di Dawkins.
La memetica è stata teorizzata dal biologo inglese Richards Dawkins in quella che è la sua opera più nota: “Il gene egoista”.
Dawkins teorizza l’esistenza di un qualcosa chiamato meme, la più piccola unità di informazione riconoscibile e in grado di auto replicarsi, che sarebbe un curioso e strano alter ego del gene per quel che riguarda organismi sociali complessi.
Cosa sono questi organismi (che da adesso in poi chiamerò organismi memetici)?
Possono essere tante cose: testi (intesi nell’accezione larga del termine), idee, valori, notizie e che più ne ha più ne metta.
Come gli organismi biologici sono il risultato dell’azione di tanti geni, gli organismi memetici traggono le loro caratteristiche dai memi che li compongono.
Possiamo sperare, si chiede Dawkins, di fondare una teoria dell’evoluzione degli organismi memetici?
La legge generale sarebbe sempre la stessa: la sopravvivenza del più adatto.
Ma adatto a cosa?
Gli organismi biologici sopravvivono se adatti all'ambiente, ma qual è l'ambiente degli organismi memetici?
Semplice! Qualunque supporto capace di memorizzare, trasferire e alterare informazioni: da un pezzo di carta, ai moderni calcolatori fino al cervello umano.
Ma ripartiamo dalla biologia...
Uno dei meccanismi che guida l’evoluzione biologica è quello dalla competizione.
Questa può avvenire in molti modi, ma mi preme ricordarne due molto generali:
Competizione diretta: quella del leone e della gazzella. Il leone per campare deve uccidere la gazzella; quest’ultima dal canto suo per continuare a vivere deve scampare dalle fauci del leone.
Competizione indiretta: due specie diverse di uccelli competono per mangiare gli stessi insetti, in sostanza, competono per la stessa risorsa.
Gli organismi memetici si comportano in un modo analogo?
Proviamo:
Competizione diretta: quando due visioni opposte del mondo competono per venire accettate. Una teoria e il suo contrario competono direttamente per essere accettate: dove vive una, l’altra muore.
Competizione indiretta: due testi competono per conquistare l’attenzione degli umani. Due testi che non sono sullo stesso piano e non si escludono a vicenda: “l’alcol alla guida causa morti” sfida ogni giorno “il femminicidio” per accaparrarsi l’unica risorsa vitale per gli organismi memetici: l’attenzione e l’investimento emotivo e cognitivo degli esseri umani.
Alla fine sono solo gli organismi memetici più adatti a sopravvivere, dove adatti sta per adatti ad essere trasportati da supporti informativi e ad attrarre l'investimento umano già menzionato.
A questo punto potreste dire “Eh no! Però le mutazioni genetiche sono casuali! A quanto ho capito modificazioni negli organismi memetici sono solo da attribuire all’agire umano e sono, quindi, non casuali!”.
Bene, ma solo chi ignora totalmente le leggi della genetica può dire una cosa del genere. Le mutazioni genetiche non sono affatto casuali!
Al livello degli atomi e della chimica i geni mutano con leggi che non conosciamo bene, ma che non sono affatto casuali: tratti genetici hanno più probabilità di mutare rispetto ad altri; i raggi cosmici hanno più probabilità di mutare certi tratti rispetto ad altri e, ultimo ma non ultimo, le mutazioni ubbidiscono sempre e comunque alle leggi della fisica.
Ci viene detto che esse sono casuali perché lo sono al livello più alto: quello del processo evolutivo, che è una struttura emergente, un epifenomeno.
Stessa cosa uguale nomi invertiti accade per la memetica.
E qui torniamo alla questione della matematica.
E’ vero, quelle teorie hanno successo perché presentate senza matematica.
Ma non ci basta, dobbiamo capire non solo perché hanno un certo successo, ma perché delle volte battano sullo stesso terreno idee scientifiche anch’esse presentate senza matematica.
Sarebbe come dire che al Polo Nord gli orsi polari hanno battuto gli orsi neri perché avevano denti aguzzi.
Siamo d’accordo sul fatto che se gli orsi polari non avessero avuto denti aguzzi probabilmente avrebbero fatto la sfortunata fini di dodo e tilacini. Ma saremo d’accordo anche sul fatto che nemmeno gli orsi neri erano sprovvisti di denti aguzzi. I denti aguzzi erano in comune (come l’assenza di matematica sia dalle pseudoscienze che dalla divulgazione scientifica) ma la battaglia si è giocata su un’altra caratteristica che è, ovviamente, il colore del pelo.
Un organismo memetico, come in questo caso le idee pseudoscientifiche, hanno successo in virtù di caratteristiche loro proprie.
Quali sono queste caratteristiche?
Propongo qui, senza pretese di esaustività, un piccolo compendio di caratteristiche che credo di aver scovato.
Di alcune sono sicuro, di altre meno.
Alcune sembrano potentissime, altre un po’ meno.
In ogni caso, per i gentili lettori a casa che vogliano contestarmene qualcuna o aggiungerne un'altra: ve ne do facoltà!
(Ho chiamato le caratteristiche “effetto qualcosa” per mantenere e dare sempre l'idea che il meme ha un effetto sull'organismo, come il genotipo sul fenotipo.)

Effetto vicinanza.
Le neuroscienze negli ultimi anni han fatto passi da giganti.
Questo perché gli scienziati hanno capito che il modo migliore di studiare il cervello umano è osservare i casi di malfunzionamento: abbiamo capito che le aree di Broca e Wernicke sono connesse al linguaggio non perché abbiamo osservato parole formarsi al microscopio, ma perché studiando il cervello di persone affette da disturbi del linguaggio una di quelle due aree risultava danneggiata.
Quindi perché non appropriarci di questo metodo e studiare allo stesso modo analoghi effetti di malfunzionamento?
Un caso che mi ha sempre affascinato è quello della diatriba tra lamarckismo e darwinismo.
La visione oggi accettata dalla comunità scientifica è quella darwinista, ma perché tante persone si ostinano a credere nel lamarkismo?
Per quelli che non conoscono queste due e teorie e per quelli che, invece, necessitano solo di un piccolo ripasso, le descriverò al volo.
Al darwinismo abbiamo accennato poco più su: è la teoria secondo la quale si verificano mutazioni genetiche (in un certo qual senso) casuali e che queste portino a delle variazioni nel fenotipo; le variazioni che rendono un individuo più adatto a sopravvivere si propagano.
Secondo il lamarckismo a dar vita alla propagazione non ci sono mutazioni genetiche casuali, ma tratti acquisiti durante la vita da ogni singolo individuo e poi ritrasmessi.
Perché molte persone vogliono credere al lamarkismo nonostante esso sia sbagliato (non è questo il luogo per discutere del perché sia sbagliato, se volete approfondire vi consiglio il già citato “Il gene egoista”)?
Perché anche io volevo credere al lamarckismo?
Me lo ricordo, sapete?
Mi ricordo di quando andavo alle elementari e mia madre mi stava spiegando le due teorie.
Eravamo in cucina, seduti vicini e sul tavolo il libro di scienze aperto.
Da una parte c’erano un gruppo di giraffe morte con una sola stronza giraffa che mangiava beatamente tra i cadaveri delle sue sorelle e dall’altra parte un gruppo di giraffe eroiche.
Eroiche perché si erano spinte con il loro collo lì dove nessun’altra si era mai spinta. Lì! Fiere ed epiche!
E allora arrivò la domanda di mia madre “Qual è quella giusta?”.
Dovevano essere le giraffe fighe e lamarckiste ad aver ragione, ma purtroppo non era così.
Una delle prime delusioni della mia vita…
Io credo che le teorie che avvicinino un processo a noi esseri umani abbiano dalla loro parte una caratteristiche memetica vincente.
Le persone vogliono credere a teorie a loro vicine; questo è l’effetto vicinanza.
In che senso vicine?
Da un punto di vista morale, per esempio: il darwinismo vuol dire “morte del più debole” che è una cosa moralmente brutta quindi non ci piace. Ma la natura purtroppo non è fatta ad immagine della nostra morale.
E da un punto di vista più “fisico”: il darwinismo avviene in centinaia di noiosissimi milioni di anni in cui non accade quasi nulla, il lamarckismo non solo rende più vicini alla nostra percezione i tempi, ma ci pone addirittura come protagonisti! Se le giraffe si sono evolute è perché una giraffa ha allungato il collo, partecipando in prima persona all’atto evoluzionistico.
Allo stesso modo: sono le stelle degli indifferenti ammassi di gas a cui non frega niente di noi o ci sono vicine a tal punto da influenzare le nostre vite? Nella competizione memetica l’astrologia ha una caratteristica vincente sull’astrofisica.

Effetto “film horror”.
Non credo di essere l’unico ad aver notato che nei film horror il primo a morire è quello che non crede nel mostro.
Di solito a pronunciare la frase è un ciccione dai capelli unti “Il mostro non esiste”, dopodiché la morte è, quasi sempre, istantanea.
Ero sicuro che questo dovesse voler dire qualcosa, ma non riuscivo a capire se le cause fossero biologico-evoluzioniste o sociali.
Perché ad essere premiato con del sesso facile con la bella protagonista è sempre il credulone? E ad essere sventrato è sempre quello che, giustamente, non crede ai mostri e/o mette in gioco un sanissimo scetticismo?
Penso di aver sbrogliato la matassa e di propendere per la prima soluzione, quella biologica.
La natura, nell’evoluzione, ha selezionato i cauti.
(Per qualche riga parlerò di biologia, non di memetica, non facciamo confusione.)
Per spiegarvi il perché ricorrerò ad un espediente che i biologi usano spesso: quello di assegnare valori numerici a strategie e situazioni per calcolarne gli equilibri.
Allora decidiamo di assegnare -100 punti ad un organismo che muore; -10 punti ad un organismo che utilizza energie fisiche per stare sulla difensiva; +40 punti all’organismo che scampa da un pericolo acquisendo esperienza per la prossima volta e +0 se non accade nulla.
Ammettiamo per semplicità che ci siano solo due tipi di organismi: i “menefreghisti” che se ne sbattono sempre dei pericoli e i “cauti” che al minimo segnale di pericolo si mettono sempre sulla difensiva.
Abbiamo due scenari diversi che i nostri organismi potrebbero incontrare.
Nel primo non c’è nessun pericolo: il menefreghista guadagna +0 punti e il cauto prende -10 punti per le energie sprecate.
Nel secondo, il pericolo c’era eccome: il menefreghista muore e prende -100 e il cauto muore solo, diciamo, la metà delle volte (-100), nell’altra metà ne esce sano e salvo e con esperienza +40.
Ad un primo e superficiale sguardo le situazioni sembrano più o meno eque: una volta la scampa uno, una volta l’altro (intendendo “chi vince la gara a punti?).
Ma se proprio dovessimo scegliere, qual è la migliore?
Facciamo una semplice media (nel secondo caso dovremmo però farne una pesata).
Il menefreghista prende mediamente -50 punti.
Il cauto (media pesata) prende mediamente -26 punti.
Il cauto sembra cavarsela un po’ meglio.
Ora, in natura certamente non esistono “menefreghisti totali” e “cauti totali”, ma lo scenario da noi calcolato ci mostra che però la natura spinge un po’ verso i cauti. E noi siamo i discendenti dei cauti selezionati per milioni di anni dalla natura.
Un carnivoro sta per morire con un sanguinolento colpo di scena!
Organismi memetici che ci spingono ad essere cauti e che ci fanno incassare la ricompensa sotto forma di neurotrasmettitori per esserlo stati potrebbero essere vincenti proprio per questa loro caratteristica di essere congruenti con le nostre attività psichiche, anche una così arcaica come questa.
Forse quelli che credono negli UFO lo fanno per il piacere, inconscio ovviamente, di essere cauti.
E forse i veganimalardi, in perfetto film horror, credono che il cancro allo stomaco verrà a portarsi via il carnivoro proprio mentre, tra un boccone e l’altro di fiorentina, sta sogghignando “Ah ah! Ho un’aspettativa di vita di 85 an… ghhh”.

Effetto frequenza.
Chiunque abbia studiato comunicazione si è imbattuto, presto o tardi, nella lezione secondo la quale sono più efficaci i messaggi presentati come distribuzioni di frequenze rispetto a quelli presentati come probabilità.
“Una persona su dieci è a rischio di contrarre la malattia x” e “Il dieci percento della popolazione è a rischio di contrarre la malattia x” sono due frasi che per un matematico potrebbero apparire come equivalenti.
In realtà così non è. La prima è più forte e, per quanto sia evoluto il vostro cervello matematico, lette così a primo impatto e tutte d’un fiato, potrete sentire, anche se piccolo, un effetto emotivo diverso.
Anche questo aspetto della nostra attività psichica ha natura evoluzionista.
La nostra specie, prima di inventare il personal computer, è stata dedita per un numero considerevole di anni alle attività di caccia e raccolta prima e di allevamento e agricoltura dopo.
La capacità di riconoscere frequenze e regolarità è fondamentale per queste attività e hanno avuto successo gli esemplari che sapevano farlo al meglio.
Siamo fighissimi noi esseri umani perché non solo siamo in grado di riconoscere regolarità prese singolarmente, ma sappiamo cogliere al volo diverse regolarità che variano in maniera simile.
Sempre per la stessa ragione: i primi ominidi che sapevano leggere nell’alternanza delle stagioni anche l’alternanza dei movimenti migratori degli animali sono stati fortemente premiati dalla selezione.
Purtroppo, la natura le cose le fa sempre alla cacchio e non ha provveduto a mettere una specifica valvola per filtrare le correlazioni spurie.
Siamo così bravi a riconoscere le correlazioni e così grande è la ricompensa del nostro sistema nervoso che quando ne scoviamo una guai a quel coglione che si permette di dire che è spuria!
La medicina, la biologia, la sociologia e la psicologia faticano molto a scovare nuove correlazioni! E la strada per validarle e renderle accettate dalla comunità scientifica è, a volte, lunga e tortuosa.
Perché allora non buttarci sul quel correlazionificio che sono le pseudoscienze?
Correlazioni per tutti i gusti! “Lunghezza dei capelli e consumo di eroina”; “Consumo di carne e puzza della merda”; “Aumento dei terremoti in Ciad e larghezza delle scie chimica nel Salento”.
Le correlazioni ritenute vere non hanno niente a che fare con queste, prendete ad esempio la correlazione tra aumento della temperatura terrestre e diminuzione del numero di pirati.
Questa ha necessitato anni e anni di studio e di raccolta dati. E’ passata attraverso la comunità scientifica e i tentativi di falsificazione di numerosi scienziati; solo ora possiamo accettarla come vera.

Effetto del senso.
Noi esseri umani abbiamo bisogno di dare senso alla realtà che ci circonda.
Evidenze sperimentali dimostrano come questo sia un bisogno fondamentale.
Ma perché ho inserito questa caratteristica?
Anche le scienze danno senso al mondo, potreste dire.
Vero.
Forse avrei dovuto chiamarlo, invece: effetto “di chi arriva per primo in un vuoto di senso a dare senso”.
Che era troppo lungo come nome.
Anche se più corto della mia prima idea: effetto ““del senso” anche se forse dovrei chiamarlo “di chi arriva per primo in un vuoto di senso a dare senso” ma poi sarebbe stato troppo lungo”.
Poi tra l'altro c'era parecchia confusione con i virgolettati annidati...
A parte questo... come ho notato quando parlavo dell’effetto precedente, la scienza è lenta.
Ci mette tanto tempo a scoprire cose nuove e tanti, tantissimi sono ancora i vuoti.
Non può, semplicemente, competere in velocità con la sfrenata fantasia dell’essere umano!
Credo che molti organismi memetici sotto forma di spiegazioni pseudoscientifiche siano arrivati prima degli organismi memetici fatti di spiegazioni scientifiche plausibili e che adesso, per dirla terra terra, “campano solo di rendita”.
L’analogia con gli organismi organici è forte.
Una volta che un organismo ha preso possesso di un territorio o ha cominciato per primo ad usufruire di determinate risorse sarà più difficile per un secondo organismo invadere questo territorio. Ovviamente un organismo più adatto potrà sempre spodestarlo, ma più è lungo il tempo che l’altro organismo ha dominato più sarà difficile per il secondo intaccare la sua posizione di dominanza.
Prendiamo le esperienze di pre-morte. E’ pochissimo tempo che la scienza ha gli strumenti per spiegarle e nel frattempo gli organismi memetici dell’anima, del paradiso e della vita ultra-terrena hanno prosperato in quel vuoto e ora come ora campano di rendita.

Effetto narratività.
Quella che gli studiosi di media e gli esperti di comunicazione chiamano notiziabilità è la caratteristica delle informazioni che le rende più o meno adatte ad essere narrate, rese attraenti ed importanti.
Ma io vorrei porre l’accento sulla questione da un altro punto di vista, perché un testo prima di avere caratteristiche più o meno marcate di notiazibilità deve essere una narrazione.
Evidenze empiriche dimostrano che noi modelliamo il nostro io come narrazione della nostra identità: la consapevolezza che abbiamo di noi non è una descrizione ma una narrazione.
Questo aspetto ci porterebbe, prima di portarci a preferire determinati tipi di narrazioni ad altre, a preferire proprio le narrazioni alle descrizioni.
Sapete quale sistema è fatto di descrizioni e non di narrazioni?
La scienza.
E indovinate, invece, quale sistema è fatto perlopiù da narrazioni?
Le pseudoscienze.
Un esempio sarà illuminante.
Le piramidi.
“Come cazzo hanno fatto a tagliare il granito?” potremmo chiedere.
Uno scienziato se ne uscirebbe con una risposta geniale (perché geniali erano gli egiziani).
“Con delle corde” direbbe.
“Con delle corde? Come possono le corde tagliare il granito?”.
In realtà le corde erano poco più che semplici manici; gli egiziani utilizzavano una risorsa che certo non mancava da quelle parti: la sabbia.
Facevano una striscia di sabbia dove doveva essere eseguito il taglio e due baldi giovani con tanto tempo libero a disposizione facevano scorrere avanti e dietro una corda. Questa strusciava sul granito e la sabbia faceva il resto.
Questa è la teoria accettata dalla comunità scientifica ed è, per fortuna o purtroppo, una descrizione.
Le piramidi: immaginate il numero di spade laser utilizzate per costruirle!
Il coglione che devo aver citato all’inizio del capitolo direbbe, invece, che i blocchi di granito sono stati tagliati con delle spade laser fornite agli egiziani da una civiltà aliena giunta sulla Terra.
Questa, purtroppo, è una narrazione.
Avevo detto, da qualche parte verso l’inizio, che alcune di queste caratteristiche apparivano un po’ più deboli.
E’ questo il caso.
Un organismo memetico potrebbe avere un vantaggio, anche se piccolissimo, solo in virtù di essere una narrazione che gareggia contro una descrizione?
Potrebbe essere… mi espongo: credo di sì, ma ovviamente il presente non è uno studio scientifico perché non basato su rilevazioni empiriche sistematiche.

Questo è il piccolo compendio di caratteristiche che ho descritto per oggi.
Sicuramente ce ne sono molte di più e non escludo di tornare ad aggiungerne in futuro.
Però... però... non abbiamo ancora finito.

Qualcuno potrebbe punzecchiarmi dicendo che ho solo fatto una lista di caratteristiche che, anche se correlata di esempi, non dice perché proprio le pseudoscienze le hanno guadagnate a scapito delle scienze.
Vi ricordate quando ho detto che nemmeno le mutazioni biologiche sono casuali?
Dove “casuali” sta per il significato scientifico del termine “casuali” e cioè quando tutte le unità del sistema hanno una stessa probabilità di mutare finita e diversa da zero.
Non mi sono inventato niente, è proprio vero.
Segmenti di geni hanno più probabilità di mutare e anche interi organismi hanno più probabilità di contrarre mutazioni.
Questo non deve portarci a pensare che gli organismi che hanno più probabilità di ospitare mutazioni siano più forti perché si evolvono più velocemente.
Primo perché questo porterebbe ad una selezione di specie che è sbagliata tanto quanto il lamarckismo. E' l'individuo che può essere più o meno adatto, non la specie. E la velocità di evoluzione è una proprietà della specie non dell'individuo.
Secondo perché solo una piccolissima parte delle mutazioni portano benefici. Per intenderci: la maggior parte delle mutazioni procurano tumori anziché gambe più veloci e denti più aguzzi.
Questi due punti non sono, per forza di cose, trasportabili nell'universo memetico.
Organismi memetici che si evolvono velocemente potrebbero essere avvantaggiati.
E le pseudoscienze evolvono e inglobano in sé nuovi memi, come quelli che ho elencato, molto più velocemente e con molta maggiore libertà rispetto alle teorie scientifiche.
“Mo hai detto una stronzata!” potrebbe dire qualcuno.
Io credo che sia, invece, proprio così e che la motivazione è anche piuttosto lampante.
La comunità scientifiche ha delle regole e serratissimi controlli. Solo alcuni memi, quelli che hanno determinate caratteristiche, possono aspirare ad essere teorie scientifiche e, anche se possono, con il tempo, cambiare, lo fanno molto lentamente e non in modo indiscriminato.
Le pseudoscienze, dal canto loro e questo è il punto fondamentale, non hanno regole e hanno potuto prosperare, mutare e accogliere in sé tutti quei memi che le rendono attraenti e che renderebbero una teoria scientifica una pseudoscienza.
Dei bei meme che, per esempio, le pseudoscienze possono inglobare facilmente sono quelli che le rendono non falsificabili e indimostrabili.
Ancora per fortuna o purtroppo, le teorie scientifiche rigettano questi memi.
Ovviamente vi sarete resi conto, a questo punto, che le pseudoscienze sono solo un caso particolare del gruppo più ampio delle stronzate.
Le stronzate gareggeranno e vinceranno molte delle battaglie memetiche proprio perché possono mutare e attrarre tutti i memi che le rendono competitive in maniera sregolata.
La malaria si propaga con le zanzare che è un ottimo vettore, ma i memi delle stronzate hanno scoperto vettori molto migliori: Internet prima di tutto e anche, con buona pace di Umberto Eco, i libri, specialmente quelli di von Däniken.
Ma non tutto è perduto, la medicina esiste e si chiama Ragione.
Quelli che mancano sono i medici.

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