mercoledì 11 giugno 2014

Ricordi di scuola...

Quando ripenso agli anni passati tra i banchi non posso non ricordare anche i bidelli.
Come dimenticarli?
Questi bidelli: alle elementari li osservavamo aggirarsi tra i corridoi, avvolti da un alone di mistero; alle superiori diventavano improvvisamente maschere tragicomiche.
Io me ne ricordo un bel po'...
A partire dalle due dell'asilo: due donne. Due mostri.
Penso che Freddy Krueger e qualunque altro mostro dell'horror impallidirebbe al cospetto della loro sfrenata malvagità.
Una era piccola e tarchiata. Eh sì... io ero un bambino dell'asilo e me la ricordo lo stesso come una piccola donna. Aveva la testa tonda segnata da enormi rughe. Aveva i capelli costantemente sporchi, lucidi e incrifati. Mi guardava con quei piccoli occhi fissi, lucidi e senz'anima, con la bocca semiaperta a mostrare denti sporchi e irregolari. Indossava vesti blu costantemente sporche e portava con sé sempre una scopa. C'era un bambino in classe mia. Vomitava sempre. Vomitava ogni giorno come se fosse posseduto. Sputava fiotti di vomito lercio ogni santo giorno. E lei arrivava, arrabbiata ogni volta. Ci guardava come se ci odiasse tutti. Come se avessimo tutti partecipato a insozzare il pavimento. Versava un secchio di segatura sul vomito e lo spazzava via, in uno spettacolo nauseabondo.
E l'altra era ancora peggio. Era alta e panciuta. Aveva una capigliatura nera e, quasi, innaturalmente regolare. Quest'ultima sembrava una parrucca usata per nascondere chissà cosa. Aveva una faccia costantemente paonazza con un fila di denti che sembravano uscirne trasversalmente. Ma la cosa più terrificante era la voce. Aveva una voce che sembrava provenire dall'inferno: quando parlava sembrava che un gran numero di pezzi di metallo stessero sferragliando nelle sue viscere. E si aggirava tra di noi nella mensa e quando qualcuno non finiva il suo pasto si avvicina e, quando le maestre non c'erano, ci diceva che ai bambini che non mangiano loro gli avrebbero fatto una puntura sulla lingua. All'esterno dell'edificio dell'asilo c'era un'altra costruzione, probabilmente un locale caldaia. Ma io e i miei compagni sapevamo la verità, lì c'erano ammassati i cadaveri dei bambini uccisi dalle punture sulla lingua.
E ricordo quella delle elementari.
Una vecchia e stanca signora. Portava un grembiule blu, ma sulle spalle aveva sempre uno scialle di lana. In tasta una vecchia presina per capelli. Sedeva sempre nel corridoio. Confesso di averla vista in piedi solo un paio di volte, quando con fatica si trascinava appoggiata ad uno scopettone. Giravano molte storie su di lei. Che abitasse nella scuola, che non avesse famiglia e tante altre.
E ne ricordo un paio delle medie...
Ricordo un tizio barbuto e panciuto, con gli occhiali tondi. Sedeva su una sedia appena fuori dalla classe mia, a mani unite sulla pancia. E ricordo che una delle professoresse sceglieva sempre me per uscire e chiedergli di portarci il televisore, quando dovevamo vedere una videocassetta. E lui aspettava qualche secondo, poi sbuffava, appoggiava le sue tozze mani sulle ginocchia e si alzava pesantemente. E dopo qualche minuto tornava, portando tra le braccia quel piccolo televisore come se il suo sforzo fosse paragonabile a quello di Atlante.
E ricordando, con una vena di affetto, il primo bidello che mi ispirò simpatia non posso che non tornare a pensare ad uno dei tanti giorni in cui sfogliavo l'album di famiglia con mio nonno.
Mio nonno, che domani compie 99 anni, era un bidello. Conserva ancora qualche foto del suo lavoro e, di tanto in tanto me le mostrava.
La prima lo raffigura mentre prende un caffè con il collega. Mentre reggono la tazzina sono vestiti con un abito nero, con giacca a doppio petto e cravatta. Scarpe nere piantate a terra e la schiena dritta, come dei nobili. E quasi non riesco ad immaginarmelo un bidello in giacca e cravatta che spazza un pavimento.
E la seconda foto lo raffigura mentre porge un vassoio di pastarelle ad alcuni professori che, in confronto a lui, sembrano quasi dei poveracci.
E la terza lo immortala seduto ad una sedia davanti ad un enorme presepe. "Questo l'avea fatto io" mi racconta.
"Ma come, nonno? Tu facevi il bidello e costruivi il presepe?".
"Sì. Bisognava che facessi un poco di tutto quello che c'era da fare".
E ricordo quel vecchietto che io chiamavo Il Preside. Quasi una volta alla settimana veniva a trovare mio nonno. Venne quasi tutte le settimane fino alla fine dei suoi giorni. Uno dei tanti presidi che si erano succeduti durante gli anni in cui mio nonno prestò servizio gli rimase amico. E tra i due, un preside e un bidello, c'era un'enorme amicizia ed un'infinita stima reciproca.
Ed una volta accadde anche una piccola coincidenza. Alle superiori un professore ci stava raccontando le mille storie della sua vita scolastica. Questo professore è stato uno dei migliori che abbia mai avuto, un uomo come non ce ne sono quasi più. Tra un verso di Cicerone ed uno di Lucrezio era solito cominciare lunghissime digressioni sulla sua vita, condite di una saggezza fuori dal comune. E un giorno, senza sapere che tra i banchi si nascondeva il nipote del suo vecchio bidello, cominciò a raccontarci delle scuole medie. "E c'erano questi due bidelli" raccontò "Due persone squisite e gentili, ma che da soli erano in grado di domare tutti i bambini all'apertura e alla chiusura delle porte. E non erano come questi di oggi... che si lamentano quando gli si chiede di portare un mezzo gessetto... quelle erano persone che faticavano davvero e sapevano fare tutto".
E questo non può che portarmi a pensare ai discorsi che si sentono urlare oggi nei bar. Quelli per cui è tutta colpa del governo e delle istituzioni. Quelli per cui dobbiamo cacciarli tutti a calci in culo.
Ma magari, prima di sferrare calci nei sederi degli onorevoli potremmo cominciare tutti a fare un po' meglio il nostro lavoro. Questo sarebbe il vero segnale di cambiamento. Perché le istituzioni sono lo specchio di quello che facciamo noi.
E allora potrebbero cominciare i bidelli, cercando di somigliare un po' di più a mio nonno e al suo vecchio collega.

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