sabato 21 marzo 2020

Chi sbaglia peggio?



Voi ci siete andati all'università?

Non per niente, ma se non ci siete stati, devo necessariamente farvi un introduzione, altrimenti il senso dell'intero post vi sfuggirà.
Se poi, invece, l'università l'avete fatta e magari avete voglia di saltare l'introduzione (sperando di trovare una qualche specie di segno che ve ne indichi la fine), mi dispiace per voi.
Avete sprecato cinque anni della vostra vita, potete spendere tre minuti per leggere un'introduzione.

Dovete sapere, cari diplomati (e cari laureati costretti a leggere comunque), che la caratteristica principale dell'università, oserei dire: il punto cardine sulla quale si regge la sua struttura ontologica, è la gara a chi c'ha il cazzo più lungo.
Difatti, l'attività principale a cui si dedicano gli universitari, per la maggior parte del tempo, è quella di cercare di dimostrare, ad altri universitari, che i propri studi sono più complicati.
In modo analogo, l'attività principale del mondo accademico consiste nel cercare di rendere più complicati possibili i propri studi.

C'è, però, una categoria specifica di studi, i cui cultori hanno un'altra arma a loro disposizione.
Intendo dire che, nella gara a chi c'ha il cazzo più lungo, oltre a dedicarsi all'attività di dimostrazione summenzionata, c'hanno anche un altro argomento a loro disposizione.

Sto parlando, ovviamente, degli studenti di Scienze Infermieristiche e dell'argomento morte, distruzione, apocalisse, fine dell'umanità.

Non so se voi avete mai avuto modo di confrontarvi con aspiranti infermieri mentre frequentavate l'università; io sì, parecchie volte.
Dovete sapere che se incontrate un appartenente a questa categoria specifica di studenti, fatti i saluti e i convenevoli di sorta, l'argomento esce fuori in maniera pressoché istantanea.

Vi faccio un esempio...
Un giorno, che apparentemente era come tutti gli altri, salgo sul treno per tornare a casa dall'università e vi trovo un'amica che non vedevo da tanto tempo.
La mia intenzione era di stravaccarmi sui sedili del treno e spararmi un album intero dei Blind Guardian.
E invece eccola seduta lì, con un librone sulle gambe, sorridente a farmi un segno con la mano.
Dopo i classici "Da quanto tempo?" e "Come mai qui?", vien fuori che lei e gli altri tre ragazzi che la circondavano erano studenti di Scienze Infermieristiche e che io ero uno studente di Comunicazione che sognava (a quei tempi) un ingresso nel mondo del giornalismo.

Ho ricordi confusi di quei minuti.
Non so bene come, ma all'improvviso stavamo discutendo del fatto che se gli infermieri sbagliano muoiono le persone e se sbagliano i giornalisti non succede niente.

Non so chi tra noi avesse una percezione sbagliata del lavoro di un infermiere, ma il panorama da loro prospettato era chiarissimo.
Infermieri al lavoro: ad ogni loro errore centinaia di persone che muoiono come mosche; la distruzione dell'universo ad attenderli dietro l'angolo.

E come ero fortunato io, che al massimo, potevo beccarmi un'accusa per diffamazione!
Io, male che va, mi becco un'ammenda; loro potrebbero causare l'estinzione della razza umana.

No aspe'... col cazzo!

«Guardate...» ebbi il coraggio di ribattere dopo 40 minuti di morti «che il giornalista è un lavoro di grande responsabilità».
Quello che ricevetti fu una fragorosa risata.
In effetti, se ancora non l'avete capito se sbaglia un infermiere muoiono le persone.
Capito?

«Ma immaginate la responsabilità che hanno i giornalisti, specialmente quelli che lavorano per grandi testate e grandi emittenti televisive quando si parla di salute pubblica!»

Niente da fare.
Se ancora non l'avete capito, se gli infermieri fanno male il loro lavoro muoiono le persone.

«Ma un giornalista, nel parlare al grande pubblico, deve essere estremamente attento e preciso. Immaginate se dia notizie sbagliate, incorrette o imprecise in fatto di salute pubblica! Quanti danni diretti e indiretti può causare!»

Ancora niente.
Perché secondo loro anche in caso, per assurdo, di una grande epidemia, nessun giornalista e nessuna notizia sbagliata, confusa o incorretta potranno fare dei danni.

Perché gli italiani sono un popolo saggio: un popolo che ascolta gli esperti, è in grado di agire razionalmente e, di certo, anche in caso di epidemia non si farà condizionare da giornalisti cazzari e da notizie bislacche.


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