sabato 6 dicembre 2014

Psicologi e Dungeon Master.

Ci risiamo.
I Papaboys, qui in versione 3.0, hanno colpito ancora!
Sto parlando dell'ennesimo articoletto (il riduttivo è d'obbligo) comparso poco fa in rete: eccolo qui. Si parla di giochi di ruolo, e quindi, in maniera indiretta anche di D&D.
In realtà la tecnica è sempre la stessa: fare qualche nome specifico, saltarne qualcun altro, citarne uno in modo sbagliato ed ecco che, per chi legge l'articolo, i giochi di ruolo diventano una massa indistinta e caotica in cui non è affatto possibile distinguerne l'uno dall'altro.
I signori che hanno scritto l'articolo, dopo una tragica introduzione sulla realtà del post-fordismo, cominciano subito a descrivere la sfrenata truculenza delle ambientazioni che i giocatori si ritrovano a vivere durante le partite.
Niente a che fare, ovviamente, con le donne lapidate, gli uomini bruciati e i genocidi descritti in Bibbia.
Ma saltiamo a piè pari questo aspetto dell'articolo (non è mia intensione sparare sulla Croce Rossa) per soffermarci su quei quattro aspetti che, almeno io, ho percepito come centrali nella questione:
1) il fatto che la metodologia di tali giochi abbia forti assonanze con certe pratiche della psicoterapia;
2) la negatività assoluta di una fuga dalla realtà;
3) la dipendenza;
4) la percezione dell'ineluttabilità del destino.

Partiamo dal primo.
Questo punto è veramente molto divertente in quanto è totalmente basato su una leggenda alla quale anche io ho creduto.
Probabilmente tempo fa qualcuno scrisse, da qualche parte su Internet, che D&D era un gioco di ruolo e che i giochi di ruolo furono inventanti da uno psicologo.
I successivi passaparola hanno trasformato il messaggio in "D&D è stato inventato da uno psicologo".
Anche io, deve ammetterlo, sentii dire questa cosa e ci credetti.
Incontrai anche altre persone che ne erano convinte; in fondo non sembrava una cosa così assurda.
Il fatto è che D&D, nonostante molti lo considerino IL gioco di ruolo, è soltanto UN gioco di ruolo: uno di una lista molto lunga.
Ma è stato veramente uno psicologo ad inventare I giochi di ruolo?
Probabilmente sì.
Ma solo se accettiamo una definizione molto ampia dell'espressione gioco di ruolo.
Chi ha scritto l'articolo sembra veramente convinto che uno psicologo possa mai chiedere ad un paziente schizofrenico una cosa del genere "Sei un nano guerriero di livello 6; ti trovi in una stanza con due porte: una a sinistra, una a destra. Che fai?".
In realtà i "giochi di ruolo" nell'ambito della psicoterapia sono molto più complessi e niente hanno a che fare con un'ermeneutica, quasi magica, delle risposte del paziente.
Probabilmente ad un paziente che ha problemi con il padre, il terapeuta potrebbe chiedere "Immagini di essere suo padre, cose direbbe a sé stesso?".
Cose così insomma, giochi di ruolo funzionali ad una ristrutturazione della realtà deviata del paziente e non indovinelli magico-mistici dalla cui risposta si può accedere alla profondità della psiche umana.
Gli autori sembrano veramente convinti che nei manuali dei giochi di ruolo ci siano scritte cose come "Se il giocatore sceglie la porta di destra dimostra una prevalenza emisferica sinistra: la sua area di Broca va stimolata con un gioco di parole su un'assonanza" e, dato che che il Master comune non può essere uno psicologo, potrà danneggiare le aree di Broca dei vostri figli.

Il secondo punto riguarda la negatività in senso assoluto della fuga dalla realtà.
Io non ci vedo niente di male.
Insomma, se uno ha un lavoro di merda ed una volta a settimana vuole divertirsi a giocare che problema c'è?
Il problema è che una cosa del genere potrebbe dare dipendenza, direte voi.
Sì, ok, ma questo è il punto successivo, ci arriviamo, ora parliamo di questo.
La fuga della realtà per i Papaboys è negativa semplicemente perché questo è sempre stato un primato della religione.

Il terzo punto è quello della dipendenza.
In questo caso non c'è molto da dire: la mia critica si ridurrà a due sole parole.
"Le fonti?".

E veniamo all'ultimo punto.
I giochi di ruolo sono negativi poiché portano il giocatore ad accettare una visione ineluttabile del destino e a trasferirla poi nella vita reale.
Molto comodo sparare una cazzata senza spiegare quale sia la meccanica del gioco che specificatamente porterebbe ad accettare il destino come ineluttabile.
Anzi!
Io che faccio il Master, posso benissimo assicurare ai due autori che il destino non è affatto ineluttabile... ineluttabile... come mi piace questa parola!
Un buon Master deve essere pronto ad ogni evenienza: quante volte avevo preparato un avvenimento e poi i giocatori si sono comportati in maniera totalmente diversa dalla mie previsioni e hanno azzerato le possibilità che quell'evento si verificasse.
Voglio, altresì, assicurare gli autori che se un Master conducesse una storia senza tener conto delle scelte dei giocatori questi ultimi smetterebbero subito di voler giocare: proprio perché percepirebbero il destino come... ineluttabile.
In effetti è proprio uno degli errori più comuni, ma anche più elementari.
Il Manuale del Dungeon Master mi pare ne parli nella prima pagina "Fate valere le scelte dei giocatori nel mondo".
La verità è che questi cattolici ancora non mandano giù la dottrina della predestinazione del protestantesimo e appena salta fuori anche un vago iperonimo della parola "destino" vanno su tutte le furie.
Ma qui, ve l'assicuro un'ultima volta, il destino non centra niente.

Ineluttabile!

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